29 agosto 2011

Una tragedia quotidiana

INFORTUNI E MORTI SUL LAVORO: SACRIFICI UMANI ED ECONOMICI. COSTEREBBE MENO, MOLTO MENO, LA PREVENZIONE DELLA CURA
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Una tragedia quotidiana che sembra sempre piu' un bollettino di guerra, con una media di oltre 40 morti al mese. E’ il dramma delle morti bianche in Italia che, a fine luglio, contava 301 decessi sul luogo di lavoro. Una sciagura che non conosce consolazione per chi perde un proprio caro in questi casi. Non ci sono risarcimenti ne' processi in grado di restituire pace ai parenti delle vittime. Per questo la sicurezza sul lavoro dovrebbe essere sempre piu' in primo piano, nella politica del nostro Paese. Per questa ragione la prevenzione diventa l’unica soluzione possibile per una delle pagine piu' dolorose della storia contemporanea nostrana.
E il problema non ha solo gravissimi risvolti umani ed etici, ma anche economici.Non vanno dimenticati, infatti, gli oneri conseguenti agli infortuni sui luoghi di lavoro. L’Eurispes ha calcolato che, nel 2008, i costi economici e sociali sono stati pari a 43,8 miliardi, ovvero circa il 2,8 per cento del Pil. Cifre che fanno riflettere e che fanno pensare, quando si scopre che il 60 per cento e' carico delle aziende e il rimanente 40 per cento ricade direttamente sul bilancio del Paese. E ancora: ogni giornata lavorativa persa pesa in termini di retribuzione ben 5,5 volte in piu' rispetto a una lavorata. I numeri, dunque, lasciano pochi dubbi: l’Italia non puo' piu' permettersi di temporeggiare. Secondo uno studio dell'Osservatorio sulla sicurezza nel lavoro di Vega Engineering occorrono misure preventive sul fronte della sicurezza, capaci d'invertire la rotta degli incidenti sul lavoro. Anche l’Ue, del resto, ha imposto al nostro Paese di ridurre del 25 per cento gli incidenti sul lavoro entro il 2012. Il panorama nazionale non appare certo tra i piu' confortanti. Specie quando si analizzano i dati sulle vittime del lavoro dei primi sette mesi del 2011 rispetto a quelle rilevate nello stesso periodo del 2010: si scopre, infatti, un incremento della mortalita' del 7,5 per cento. Percentuali che corrispondono a oltre 20 vite spezzate in piu' rispetto allo scorso anno. Sono sempre l’agricoltura e l’edilizia i settori maggiormente coinvolti e con oltre il 60 per cento delle vittime. L’assenza quasi totale di formazione e le lacune sul fronte dei controlli sembrano le cause principali di queste tragedie. L’epigrafe delle morti sul lavoro continua a riempirsi ogni giorno con nuovi nomi, e le vite si spezzano sempre o quasi per le stesse cause. E, talvolta, la vittima e' il datore di lavoro, a dimostrazione del fatto che non si muore solo per massimizzare il profitto dell’azienda. Allora viene da chiedersi, se si conosce gia' l’inizio e la fine di una tragedia: perche' non cercare di interrompere questo circuito mortale? Ebbene, per iniziare a scrivere una cronaca diversa e migliore, presente e futura, del mondo del lavoro e' indispensabile una coesione innanzitutto politica che ponga finalmente in primo piano l’emergenza morti bianche e la sicurezza sul lavoro. Una strategia comune che elevi un appello e un’eco per il lavoro sicuro a 360 gradi, contemplando gli sgravi per le aziende virtuose che operano per la tutela dei lavoratori e soprattutto l’indispensabilita' dei controlli e delle sanzioni che dovrebbero essere certe. Questo perche' una visione economica miope fa ritenere la sicurezza un costo, non valutando invece correttamente l’entita' degli oneri della ‘non sicurezza’, che in buona parte ricadono sulla collettivita'. Insomma, a spingere inesorabilmente alla riduzione degli infortuni non e' solo una questione morale, ma anche di corretta ‘rendicontazione’. Spesso i costi per garantire la sicurezza ed evitare l’infortunio sono minimi, altrettanto spesso gli infortuni sono dovuti a carenze organizzative, oltre che, come gia' accennato, di carattere formativo. La sfida del nostro legislatore e di chi fa politica e' di correggere queste mancanze che, da sempre, sono la causa delle morti bianche.
(ANSA).

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