19 gennaio 2012

Usa, internet sciopera per la libertà


Enrico Piovesana
Il 18 gennaio 2012 passerà alla storia come il primo sciopero di internet. La clamorosa protesta, che riguarda solo i siti web statunitensi, è volta a bloccare l’approvazione da parte del Congresso due leggi contro la pirateria online che instaurerebbero negli Stati Uniti un regime di censura di internet senza precedenti.
Per 12/24 ore andranno off-line le pagine web ‘madre’ dell’enciclopedia Wikipedia, del browser open source Mozilla Firefox, della piattaforma di pubblicazione WordPress, del sito di software Tucows, del social news netowork Reddit, e centinaia di altri meno noti. Rimarranno online, pur aderendo alla protesta, anche colossi come Twitter, Facebook, Youtube, Google, Yahoo!, eBay, Linkedin e Aol. Google English inserisce un appello nella sula pagina di ricerca: “Tell Congress: Please don’t censor the web!
Se lo Stop Online Piracy Act (Sopa), proposto dai Repubblicani, o il Protect Intellectual Property Act (Pipa), versione leggermente meno rigida proposta dai Democratici, diventassero leggi, i proprietari statunitensi di copyright – vale a dire l’industria musicale, cinematografica e mediatica – potranno chiedere l’oscuramento o l’embargo finanziario dei siti web che diffondono o che facilitano la diffusione di contenuti protetti.
Varie organizzazioni per i diritti civili come Human Rights Watch, Reporter Senza Frontiere, American Civil Liberties Union, Electronic Frontier Foundation sostengono che le due leggi, lungi dal contrastare i siti pirata, in grado di riapparire in rete con altri indirizzi poche ore dopo l’oscuramento, produrrebbe una forte limitazione della libertà e della privacy in rete.
Social network come Twitter e Facebook o piattaforme come Youtube dovrebbero restringere fortemente il controllo sulle attività dei singoli utenti per evitare continue e costose grane legali. Ma a rischiare sono soprattutto i progetti open source, come il browser Firefox di Mozilla, e gli strumenti di tutela della privacy e dell’anonimato usati da attivisti per i diritti umani e dissidenti politici in tutto il mondo.
Le differenze tra il Sopa repubblicano il Pipa democratico sono minime: il primo dà maggiore libertà di azione legale ai proprietari di copyright e prevede anche la possibilità di ordinare ai motori di ricerca di rimuovere dai loro indici i link ai siti incriminati. Gli effetti complessivi sarebbero gli stessi, tanto che in molti sospettano che l’estremista Sopa sia stato proposto solo per rendere più digeribile il male minore del Pipa: la vecchia tattica del poliziotto buono e di quello cattivo.
“Queste due leggi sono solo indicatori di un problema più vasto”, si legge nel comunicato di protesta di Wikipedia. “Assistiamo in tutto il mondo a una tendenza legislativa che è volta a combattere la pirateria online e a regolamentare internet, ma che finisce con il colpire le libertà online. Sopa e Pipa sono solo parte del problema. Noi vogliamo che internet rimanga libera e aperta, ovunque e per tutti”.
La rilevanza globale di questa battaglia, per ora solo statunitense, è stata spiegata dagli hacktivisiti di Anonymous, che l’hanno sostenuta con l’operazione #Blackout: “Quando una nazione nota per la sua libertà e i suoi diritti inizia ad abusare dei suoi cittadini è il momento di reagire, perché altre nazioni potrebbero seguire l’esempio. Non pensate che tutto questo non vi riguardi solo perché non siete cittadini degli Stati Uniti: non aspettate che il vostro Paese decida di fare lo stesso”.

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