L’UC Ceares fu fondato nel 1946 e
gioca in Tercera Division Sostiene di essere la seconda squadra più importante
di Gijón o, meglio ancora, come dicono del Rayo a Vallecas, la più importante
del quartiere di Ceares.
Alcuni mesi fa con la società vicina alla sparizione, alcuni amici hanno deciso di rendere questa squadra un punto di riferimento per i romantici del calcio.
Un gruppo di loro, in assenza di
soluzioni, chiese aiuto a Roberto Colunga, segretario generale del Blocco per
le Asturie ed ex giocatore della squadra.
Nel suo bar, “La Folixa”, andavano
parecchi ragazzi critici del calcio moderno.
“L’obiettivo era restituire il club al quartiere, ritornare alle origini,
rivendicare il calcio come sport popolare e sociale”,
Alcuni erano di Ceares, altri erano
soliti andare da piccoli a La Cruz e ad altri semplicemente piacque l'idea di
gestire un club secondo i valori di base.
La proposta fu sostenuta quasi
all'unanimità dai soci.
Cominciarono a lavorare svariati
mesi prima della fine della stagione, quando entrarono a pieno diritto nella
direzione.
Il loro obiettivo era quello di
moltiplicare il numero di tifosi assidui allo stadio de La Cruz e che tutti
sentissero come proprio il club, anche in una forma letterale: ogni socio, un
voto. Tutte le decisioni importanti sarebbero state sottoposte all’assemblea.
In maniera disinteressata, “incluso
il mettere soldi” di tasca propria per comprare i materiali, passarono l’estate
immersi nel campo, in uno stato di semi-abbandono.
Ristrutturarono gli spogliatoi,
decentrarono gli spalti e decorarono i muri con frasi contro il calcio moderno
per dare seguito al loro impegno.
Nel bar de La Cruz cominciò a
risuonare la musica. Assieme al nuovo inno, motivi del calcio degli anni ’80
allietavano il pre e post partita.
“La mensa è la chiave nel finanziamento del club.
La gente viene ore prima della
partita e va via ore dopo. Qui trovate amici, musica e calcio”.
Una sorta di centro sociale di tutto
il club, che ha anche regalato la permanenza in Terza Divisione per dare
un'ulteriore spinta al progetto.
“Se non ci piace il loro calcio, dobbiamo costruire il nostro” o “Ama il calcio, odia i suoi affari” erano alcuni degli slogan.
All’ingresso del campo, come avviso
ai naviganti e in onore delle radici britanniche del calcio, un cartello con su
scritto “Questo è il La Cruz” dà il benvenuto, proprio come “Questo è
Anfield” che i giocatori vedono quando entrano sul campo del Liverpool.
“Questo movimento ha portato allo stadio molta gente che condivide quest’idea.
Gente che viene a vedere il Ceares e che forse non si interesserebbe a nessun
altro club.
Una “tertulia”, la classica conversazione che inizia e finisce in una taverna, ora, è realtà a Ceares.
I vecchi soci non riescono a credere che il La Cruz abbia triplicato il
numero di soci ogni 15 giorni.
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