E’ passata più di una settimana dall’incidente stradale in cui
hanno perso la vita Osvaldo Payá e un suo compagno in una delle strade
dissestate dell’Oriente cubano. Una settimana in cui si è scatenata la gazzarra
di insinuazioni assurde, pettegolezzi e illazioni per cui il dissidente cubano
sarebbe morto per una manovra diabolicamente selettiva degli agenti di
sicurezza che sarebbero riusciti a far fuori i due cubani lasciando
praticamente illesi il conducente spagnolo e il passeggero svedese con cui si
accompagnavano. Fra i primi a insinuare sospetti la moglie e la figlia di Payá,
ma anche la bloggera Yoani Sánchez –che ormai sostituisce nelle pagine di El
País il corrispondente defenestrato Mauricio Vicens- rende onore alla figura
del dissidente cattolico (del quale non era mai stata una ammiratrice) e
reclama a gran voce trasparenza e giustizia. Decine e decine di casse di
risonanza (televisioni di Miami, reti di Faceboock, blog di varia provenienza
e, naturalmente, giornali “indipendenti” come la nostra Repubblica), hanno
ampliato e fatto eco ai sospetti e alle insinuazioni lasciando in sottofondo le
dichiarazione dei testimoni, le foto dell’incidente e le conclusioni delle
forze dell’ordine. E lasciando sotto silenzio la bizzarra combinazione che
nell’auto da noleggio vi fossero due persone entrate a Cuba con un visto
turistico, militanti di organizzazioni politiche di destra sia in Spagna che in
Svezia. Il povero Olof Palme, se fosse ancora vivo, morirebbe di vergogna
sapendo che nel suo paese il destrorso Partito Democristiano Svedese incarica
il Presidente della sua Lega Giovanile di entrare in contatto con lo spagnolo
Carromero, Vicesegretario generale di Nuevas Generaciones (che è il settore
giovanile del Partido Popular al potere) allo scopo di portare soldi al
Movimento Cristiano Liberación presieduto da Payá, oltre a un telefono
cellulare programmato con gli indirizzi necessari, con lo scopo di fondare il
settore giovanile del movimento.In un editoriale del Granma di oggi, siamo
venuti a sapere tutti i particolari e gli intrecci che legano settori di destra
di Spagna e Svezia e la loro collaborazione con le operazioni di destabilizzazione
che da Miami e dagli Stati uniti continuano ad essere messe in atto al fine di
fabbricare una opposizione che possa consentire operazioni come quelle messe in
atto in Nord Africa per operare un cambio di regime utilizzando accessi alla
rete, computer e altri strumenti tecnici. L’editoriale del Granma ci ricorda
che fra il 2009 e il 2012, dal Dipartimento di Stato l’Agenzia degli Stati
Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID) ha ricevuto 75 milioni di dollari
a questo scopo e che insieme a questa organizzazione, lavorano con lo stesso
proposito numerose altre agenzie come la NED, il Gruppo Prisa (quello che
pubblica il quotidiano spagnolo El País), l’Istituto Democratico Europeo e
altre ancora.
Nella ridda di video, articoli e commenti in rete, ne ho visto uno
sui funerali di Payá che veniva annunciato come la prova di una manifestazione
numerosa di oppositori, ma lì si sentivano grida di “Viva Fidel” fra la gente
che osservava fuori dalla chiesa mentre un gruppo di oppositori, fra cui
Guillermo Fariñas noto per i suoi frequenti scioperi della fame, venivano
portati via dalle forze dell’ordine le quali –va notato- non portano caschi né
scudi né giubbotti antiproiettile ed erano presenti proprio per tutelare
l’ordine ed evitare lo scontro che i dissidenti cercano per poter denunciare
detenzioni e interrogatori. Le persone allontanate dalla scena dei funerali
sono state subito rilasciate senza iscriverli a registro, senza
imputazioni.Dopo l’attacco mediatico sul colera a Cuba in piena stagione
turistica, adesso il can-can per la morte di Payá e la preoccupazione del
governo spagnolo per il ritorno in patria di Angel Carromero, trattenuto a
Cuba, a norma di legge, essendo responsabile della morte di due persone. In un
video lo spagnolo nega che vi fosse un’altra macchina nel momento
dell’incidente e riconosce di aver perso il controllo della sua. Fa un po’ pena
questo giovane spagnolo che, non curandosi dei grandi disordini che animano le
piazze del suo paese, delle proteste e delle richieste degli “indignados”,
della marcia dei minatori, si preoccupa di portare in un paese molto più
tranquillo di altri, i semi della discordia con il proposito di innescare una
guerra civile come quella che attualmente attraversa la Siria, un paese nel
quale è stata usata in maniera massiccia le stessa strategia destabilizzatrice.
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