22 gennaio 2013

Pepe Mujica: il presidente tupamaro

L'Uruguay è un piccolo Paese “periferico” e non capita spesso che i media internazionali ne parlino.
 
 
È successo nell'estate scorsa quando il presidente José “Pepe” Mujica ha deciso di tenersi solo 800 dei 10mila euro che gli spetterebbero, devolvendo il resto al Centro Raúl Sendic che si occupa di assistenza ai poveri. In tempi di indignazione per i privilegi della “casta”, qui da noi il gesto di Mujica è stato notato e apprezzato anche da chi è poco interessato alla realtà politica latinoamericana.
Mujica, 77 anni, ha militato nei Tupamaros, rimanendo ferito diverse volte in scontri armati Il movimento prendeva il nome da Tupac Amaru II, il nobile José Maria Condorcanqui che nel XVIII secolo in Perù capeggiò una rivolta inca contro il dominio coloniale spagnolo. Discendente di Tupac Amaru, l'ultimo imperatore inca giustiziato dagli spagnoli nel 1572, fu torturato e squartato nella stessa piazza dove era stato ucciso il suo trisavolo. I Tupamaros, nati nel 1965, praticavano la guerriglia urbana con assalti alle banche i cui proventi venivano destinati ai poveri del Paese.
 
La loro azione più eclatante fu il rapimento e l'esecuzione nel 1970 dell'agente della CIA Dan Mitrione, che insegnava raffinati metodi di tortura ai militari di vari Paesi del continente, usando come cavie barboni catturati a casaccio per le strade. ”Il dolore preciso, nel momento preciso, nella quantità necessaria all’effetto desiderato” era il suo motto. All'episodio si ispirò il film di Costa Gavras “L'Amerikano”.
 
All'inizio degli anni '70 prese il via la strategia di annientamento dei movimenti progressisti nota come “Plan Condor”, che portò l'intero Cono Sud sotto le dittature militari. In Uruguay, dopo da tempo immemorabile governavano a turno i “Blancos” e i “Colorados”, entrambi ugualmente corrotti, per eliminare definitivamente la guerriglia andò al potere nel 1973 con un colpo di Stato il generale Bordaberry. Mujica fu arrestato e si fece 13 anni di carcere. Nel 1985 vi fu il ritorno alla democrazia parlamentare, e i prigionieri politici furono amnistiati. Così come in Argentina, negli anni '90 vi fu la fase del neoliberismo estremo, ma nel 2004 la sinistra vinse per la prima volta le elezioni con la coalizione Frente Amplio, che si presentava come espressione della sinistra sociale e dei movimenti contrapposta alla vecchia partitocrazia. Il suo candidato Tabaré Vazquez divenne presidente della Repubblica. Pepe Mujica fu nominato ministro, per poi succedere a Tabaré Vazquez nel 2009. Le grandi speranze di cambiamento suscitate dalla vittoria della sinistra sono state in buona parte disattese, perché a differenza di altri Paesi progressisti come Bolivia, Ecuador o Venezuela, il Frente Amplio non ha avviato alcuna rottura significativa degli equilibri capitalistici. Così il giornale En Lucha riassume la situazione odierna: “modello agro-esportatore; concentrazione e passaggio in mani straniere della terra; arrivo di multinazionali nel settore delle foreste, della soia e delle miniere; rifugio a ogni genere di affari finanziari; indebitamento esterno e sottomissione alle istituzioni finanziarie internazionali. Si diceva che il secondo governo del Frente Amplio avrebbe redistribuito i redditi per ridurre le disuguaglianze (...). Neppure questo. Più della metà della forza lavoro sopravvive nella precarietà salariale. Mentre nel 1988 la massa totale dei salari rappresentava il 34% del PIL, nel 2011 è stata del 32,3%”.
 
 
Forse il governo uruguayano ha dato il meglio di sé in altri campi, più legati ai temi dei diritti civili: in agosto il Presidente Mujica ha inviato alle Camere un progetto di legge per la legalizzazione delle droghe leggere, che saranno vendute liberamente (solo agli uruguayani per evitare particolari forme di “turismo”) al fine di stroncare traffici illeciti, il riciclaggio di denaro sporco e la violenza. Il 18 ottobre il Senato ha dato via libera alla depenalizzazione dell'aborto, per cui l'Uruguay è diventato il secondo Paese dell'America Latina dopo Cuba dove abortire non è più reato. Un altro progetto di legge attualmente in discussione dispone che la pubblica amministrazione adotti prioritariamente il software libero anziché quello commerciale.

tratto da Senza Soste n77 (dicembre 2012)

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