Sembrano lontani i giorni dell'entusiasmo e della felicità
dei brasiliani per avere ottenuto l'assegnazione del Mondiale. Il 14 novembre
2007, Socrates, nella sua rubrica settimanale su la Folha de Sao Paulo, scriveva
il suo pensiero su questo fatto così importante.
Leggerlo oggi, con la consapevolezza di quanto sta accadendo
attorno a questo Mondiale che sta per cominciare è particolarmente
significativo e suona in certi versi premonitore. Un documento molto importante
vista la cifra del personaggio in questione.
Come in quelle precedenti anche in questa quarta ed ultima
puntata di BrasilS, giovedì 17 aprile ore 21 in diretta su www.sherwood.it e sul nostro sito, sarà Valerio
Mastandrea a dare voce ai pensieri del "dotoure".
"La scorsa
settimana io e mio figlio Gustavo, fondatore dell’Istituto Brasiliano di
Diritto allo Sport, abbiamo pubblicato un manifesto sulla Folha de S. Paulo,
nel quale dichiariamo il nostro punto di vista sul Mondiale in programma in
Brasile nel 2014. Mi piacerebbe condividerlo con i nostri lettori: ciò che
segue, vuole servire come spunto per approfondire la discussione sulla
decisione di ospitare la Coppa del Mondo in Brasile.
Non ci siano
dubbi, caro lettore, sulla nostra felicità per la scelta del nostro paese come
sede di questa grande manifestazione calcistica nel 2014. Questa felicità,
però, non ci può annebbiare la vista davanti all’abisso che ci separa dalle
condizioni necessarie per aver meritato questa designazione. Il calcio è un
fenomeno sociale, parte integrante della cultura del Paese, un elemento
innegabile di identità nazionale, estremamente simbolico in quanto tale. Il
calcio brasiliano (dentro e fuori dal campo) dice molto su chi siamo, i nostri
valori, le dinamiche sociali e le relazioni di potere. È una lezione pratica di
cosa sia il Brasile. Il Mondiale, pertanto, non deve essere analizzato se non
in quest’ottica.
La mancanza di
condizioni è stata evidente sin dai primi passi per candidatura del paese e, a
partire da oggi, sarà evidente per quanto riguarda l’organizzazione di questo
mega evento. Dando una scorsa ai vertici che minacciano di mettersi a capo di
questo processo, è possibile anticipare il futuro: l’appropriazione dei beni
comuni, la personificazione maliziosa di estese iniziative sociali, la
preponderanza di interessi indegni e illegittimi a proprio vantaggio o del
proprio gruppo ristretto di persone e la difesa del poterucolo eterno che
caratterizza queste pratiche nel mondo del calcio (e nel paese).
Il comitato organizzatore
del Mondiale 2014 annunciato pochi giorni fa ne è il miglior ritratto: una sola
persona che può tutto, che non deve dare conto o soddisfazione a nessuno.
Torniamo al feudalesimo! Ma non dobbiamo preoccuparci, qualsiasi evento
sportivo accade da solo. Basta una palla che rotoli e tutte le attenzioni si
dirigeranno verso il campo e tutte queste “premure” svaniranno e saranno
dimenticate, grazie alla valanga di informazioni controllate, specialmente
quelle veicolate dall’impero mediatico, onnipresente e onnipotente nel mondo
nel calcio, svolgendo un ruolo fondamentale nel ritardo delle istituzioni
sportive. È sempre stato così in Brasile, no?
Quello che
ignorano volutamente, e che vogliono farci ignorare, è il potenziale di
agitatore delle masse e trasformatore sociale di questo fenomeno giocato coi
piedi. Questa è la natura legittima del calcio; se dovesse emergere non
troverebbe limiti alla trasformazione di realtà, all’integrazione di culture e
persone, alla formazione di cittadini e conoscenze e, infine, servirebbe da
vettore di sviluppo e uguaglianza. Questo è un punto di vista che ci manca, lo
spirito che darebbe un senso a una Coppa del Mondo disputata in Brasile. Un
Mondiale con questi valori in gioco, con benefici per tutti (benefici reali, non
solo la fugacità della felicità di assistere ad alcune partite) ci renderebbe
meritevoli di ospitare tale evento, con molto orgoglio.
Nemmeno per quanto
riguarda le migliorie alle infrastrutture, conseguenza di un evento di questa
portata, si può parlare delle condizioni necessarie. È già successo con il Campionato
Panamericano: nonostante le innumerevoli promesse di incredibili lasciti e
fantastiche migliorie, finita la competizione resta davvero poco destinato a
migliorare la vita quotidiana dei carioca. Quello che si è visto è stata una
quantità immensa di investimenti pubblici per nulla trasparenti, usati in larga
parte per abbellire opere sociali provvisorie, dunque inefficienti, per
migliorie urbanistiche non urgenti e per costruire parchi sportivi che servono
a quelli di cui abbiamo parlato prima, sia che si parli di concessioni per il
loro utilizzo in forma privata a prezzi ridicoli, o proprio per un effimero
teatrino sportivo che serve a sostenere questo poterucolo.
In questo scenario
crudele, la cosa peggiore è capire che l’unico che meriterebbe di vivere una
Coppa del Mondo grazie alla sua passione delirante per il calcio, all’intensità
con cui questo sport fa parte della sua cultura e identità, è proprio chi,
anche a causa di tutto ciò di cui abbiamo parlato, non è stimolato alla
discussione sulla manipolazione della propria passione, né a comprendere questa
realtà. Ovvero, il tifoso brasiliano.
Alla luce di
questi aspetti e di una visione più profonda e complessa, che inserisca il
Mondiale e il proprio gioco del calcio in un contesto sociale e politico,
evitando il punto di vista e il potere di chi è contrario e, infine, andando
oltre alla semplice festa e al semplice gioco, non vediamo le condizioni perché
il Brasile riesca ad ospitare un evento di tale portata e simbolismo. Allo
stesso tempo, ci sembra improbabile che possa portare delle trasformazioni
nella realtà sociale del nostro Paese, che è quello che a noi (che sogniamo un
Brasile più giusto e umano) interessa".
Sócrates
Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira - Socrates
(Ringraziamo
Virginia Gaspardo per la traduzione).
Nessun commento:
Posta un commento