Tratto da: http://trappoladelfuorigioco.it/
Pensare al calcio come strumento di
integrazione sociale e culturale può risultare forzato, sopratutto se si pensa
alla connotazione prettamente commerciale che assume nella società in cui
viviamo. Eppure esiste una realtà sul territorio Salentino che ha riportato
l’universo pallonaro in una dimensione più umana, agli antipodi dalle logiche
di profitto fino a farlo diventare strumento attivo di integrazione sociale per
ragazzi provenienti da tutto il mondo. Sto parlando dello Spartak Lecce,società
regolarmente iscritta al campionato di terza categoria, allenata a titolo
gratuito da A. Orlando, mister con esperienza anche nelle formazioni giovanili
dell’US Lecce.
Questa squadra rappresenta un’ideale sintesi
del torneo ‘calcio senza confini’, con chiara matrice anti-razzista. Lo Spartak
è nato, infatti, tenendo come punto riferimento il concetto che ogni squadra
partecipante alla quarta edizione del campionato doveva contribuire alla causa
fornendo i due migliori calciatori. Il progetto ha preso forma strizzando un
occhio a modelli di azionariato popolare già ben avviati in alcune zone
d’Europa, ed in particolare del St. Pauli, squadra della periferia popolare e
punk di Amburgo arrivata fino alla Bundesliga. Con un sistema di finanziamento
cedolare, ogni sostenitore è anche presidente dello Spartak, e questo permette
di ottenere una struttura gerarchica piramidale accettata e condivisa dai
soci-tifosi, che ne determinano le sorti democraticamente.
Iconografia e nomenclatura scelta per
caratterizzare lo Spartak sarebbero elementi sufficienti a chiarire intenti e
obiettivi della squadra. Prestando fede al nome dello schiavo trace ribellatosi
all’impero romano, la squadra leccese, infatti, sembra ribellarsi al modello
calcistico attuale con una spinta che proviene dal basso. Questa figura
retorica avrà sicuramente ispirato l’associazione culturale Bfake
(ideatrice anche del progetto del torneo ‘calcio senza confini’ menzionati in
precedenza) a scegliere il nome alla squadra, a cui è accompagnato l’elmo dello
schiavo scelto come logo.
Integrazione e multiculturalità sono
ribaditi dalla fascia del capitano sui cui è riportato il logo della rete ‘Antifaschistische
Aktion’ che raffigura una bandiera rossa che ne indica la matrice
socialista e una nera simbolo dello spirito anarchico dell’associazione nata
nell’Europa settentrionale ed ormai simbolo in tutta Europa della lotta al
razzismo, sessismo e classismo fascista.
Oltre all’elmo barbarico, come lo era quello
indossato dallo schiavo Spartaco, lo stemma raffigura un pallone di cuoio,
simbolo di un calcio lontano da quello a cui siamo abituati; la catena
spezzata, che circonda la sfera, rappresenta un ulteriore simbolo di
discontinuità con il presente. Ma è sugli spalti che avviene la vera anomalia.
In piedi ad assistere alla partita ci sono decine di tifosi che espongono
striscioni, accendono fumogeni e sostengono la squadra come se leggi
restrittive e violenza fossero concetti astratti.
Dal punto di vista sportivo, la squadra
dall’inizio del campionato ha ottenuto buoni risultati: un pareggio e due
vittorie in quattro partite. Il loro obiettivo dichiarato è arrivare alla serie
C, e vincere il campionato di terza categoria rimanendo fedeli ai propri ideali
sembra un ottimo primo passo.
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