17 settembre 2010

St. Pauli, alla larga i magnati. Club vincente con i tifosi azionisti

di Marcel Vulpis
P_FCStPauliGerUn club di proprietà dei tifosi nel calcio del Terzo millennio. È la favola moderna del St. Pauli, società di Bundesliga1, totalmente gestita dai supporter da ben 100 anni. La seconda squadra di Amburgo, forte di un giro d’affari pari a 30 milioni di euro, di uno stadio (il Millerntor) completamente esaurito da cinque stagioni e di un progetto ambizioso di ampliamento dell’impianto casalingo (che porterà dagli sponsor 17 milioni), è guidato esclusivamente da 13 mila soci (fino a due anni fa erano 9 mila), che hanno scelto, sin dalla fondazione, il modello dell’azionariato popolare senza mai ascoltare le sirene del magnate di turno.
«Il St. Pauli non risponde alle scelte di un imprenditore più o meno facoltoso, come avviene in altri club europei. Sono i tifosi a guidarlo in tutte le sue aree ed è un modello vincente che va avanti dalla sua fondazione
(dal lontano 1910, nda)», spiega a Italia Oggi, Massimo Finizio, ex presidente dell’assemblea dei soci. «Il fenomeno St. Pauli è iniziato negli anni 80. Puntando su un’immagine forte e distintiva, si è trasformato da squadra tradizionale a marchio cult della Germania. Uno dei punti di forza è il merchandising. Accanto ai 100 punti vendita presenti sul territorio tedesco, il brand viene distribuito anche all’estero. Dall’Australia alla Spagna, alla Grecia fino all’Italia, dove abbiamo referenze commerciali all’aeroporto di Torino, Milano e Venezia, a piazza Duomo e in due negozi di Roma.
Le magliette con il simbolo della bandiera dei pirati, vero e proprio collegamento ideale con la storia della città anseatica, sono entrate nell’immaginario collettivo di molte tifoserie».
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Il secondo club di Amburgo si sta rafforzando su due fronti: il settore delle sponsorizzazioni dei ricavi da stadio. «L’azionariato popolare continuerà a crescere», sottolinea Finizio. «Ogni mese registriamo 100 nuovi soci e molte richieste arrivano da ogni parte del mondo. Prevediamo di arrivare, in pochi anni, a più di 20 mila soci, che troveranno posto in uno stadio da 35 mila posti pronto per il 2012. A differenza di molti club, che per ragioni commerciali hanno scelto di vendere il nome dello stadio, il St. Pauli ha seguito la strada completamente opposta. Ha tutelato la propria storia e questo posizionamento esclusivo ha attirato l’attenzione di molti sponsor, che porteranno in dote, una volta ristrutturato l’impianto, più di 17 milioni di euro. Il tutto, poi, si inserisce nella gestione globale di una società tornata quest’anno nella massima serie presentando dati di bilancio eccellenti. È la vittoria del modello dell’azionariato popolare sul calcio attuale, che ha tradito le proprie origini lanciandosi, invece, in una folle corsa all’acquisto di calciatori stranieri».
[…] Un ulteriore elemento distintivo è la formula associativa del St. Pauli, che, sin dalle sue origini, è una polisportiva. I soci infatti possono seguire con agevolazioni anche le squadre di ciclismo, rugby femminile, bocce, scacchi, triathlon e pallamano. Un modello aziendale e sportivo che inizia a interessare anche altre fan base in Europa, prima fra tutte quella dell’As Roma, riunitasi di recente sotto il marchio di «MyRoma», che sogna di poter replicare il modello vincente di azionariato popolare della squadra dei pirati di Amburgo.

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